Novembre è il mese dedicato alla visibilità trans e culmina nel Transgender Day of Remembrance (TDoR) del 20 novembre. Non è una ricorrenza simbolica: è un appuntamento di responsabilità civile e politica. È il momento in cui ricordiamo le persone trans uccise o rese vulnerabili dalla violenza, ma anche quando osserviamo come i discorsi d’odio, online e offline, continuino a colpire in modo sistemico una parte della società il cui diritto all’esistenza viene messo in discussione.
Il TDoR non è una giornata “per la comunità LGBTQIA+” in senso generico. È una giornata che riguarda in modo specifico le persone trans: la loro sicurezza, il loro riconoscimento, il modo in cui la società decide di nominarle e raccontarle, il peso che attribuisce alle loro vite.
Transfobia strutturale: oltre i numeri
I dati annuali sulle persone trans uccise raccontano solo una parte del problema. La violenza che colpisce le persone trans è strutturale: si manifesta nell’emarginazione sociale, nel rifiuto familiare, nelle difficoltà di accesso al lavoro e alla salute, nell’assenza di tutele adeguate, nella negazione dell’identità nei servizi essenziali. La violenza fisica è solo l’ultimo anello della catena. Prima c’è un ambiente che ostacola, svaluta e isola.
Ricordare significa riconoscere questo sistema, non solo i singoli episodi. Significa guardare a come e perché la società continua a tollerare, o addirittura a normalizzare, forme di disumanizzazione che non dovrebbero esistere.
Linguaggio ampio: le parole che proteggono e quelle che feriscono
Il contrasto alla transfobia passa anche dal modo in cui parliamo di identità di genere. Per questo la Rete promuove un linguaggio ampio, capace di descrivere le esperienze umane senza ridurle o semplificarle, aperto alle sfumature, rispettoso delle differenze.
Alcuni elementi sono particolarmente importanti quando si parla di persone trans:
- il nome assegnato alla nascita
Il termine dead name è diffuso nel dibattito pubblico, ma è preferibile utilizzare l’espressione nome assegnato alla nascita. Questa scelta è motivata da due ragioni fondamentali:
- Le persone che interagiscono con una persona trans non devono utilizzare né richiamare quel nome, perché questa pratica può essere violenta, svalutante, non rispettosa dell’identità.
- La persona trans, invece, può scegliere liberamente come rapportarsi al proprio nome assegnato alla nascita, anche valorizzandolo come parte della propria storia personale, come percorso, come memoria. Non è un termine proibito in assoluto: è un termine che riguarda la soggettività della persona trans, non la legittimità degli altri di nominarla.
- Evitare termini patologizzanti o riduttivi
Espressioni come “travestito”, “confusione”, “moda”, “ideologia gender” non sono neutre: sono strumenti di disinformazione che alimentano pregiudizi e ostilità. Descrivere una persona trans significa parlare di un’identità, non di un comportamento.
- Rispettare pronomi e identità di genere
Non è una questione “di educazione”, ma di riconoscimento giuridico e sociale. Pronomi e nomi corretti garantiscono dignità e sicurezza.
- Raccontare le persone trans come soggetti, non come argomento di discussione
Le persone trans non sono un tema di dibattito. Sono individui con vissuti, corpi, aspirazioni e diritti. Ogni narrazione che le riduce a un problema – sanitario, morale o politico – produce stigma.
- Regola generale
Mai sostantivare. Non si usa “la trans” o “il trans” perché trans non è un sostantivo, ma una caratteristica dell’identità di genere: una persona può essere trans, ma non è “una trans”. Sostantivare riduce la persona a una sola dimensione, cancellando la sua complessità e rafforzando stereotipi che disumanizzano.
Disinformazione e attacco politico all’identità trans
Negli ultimi anni, le persone trans sono diventate bersaglio prioritario di campagne politiche e disinformative. Le strategie ricorrenti includono:
- la costruzione di un’emergenza sociale inesistente;
- l’uso strumentale di concetti come “protezione dei minori”;
- la diffusione di informazioni scorrette sulle cure trans-affirming;
- la rappresentazione dell’identità trans come moda, influenza esterna o ideologia.
Queste campagne non restano confinate nel dibattito pubblico: producono conseguenze materiali, rendono più difficile accedere ai percorsi sanitari e giuridici, legittimano l’esclusione sociale e aumentano il rischio di violenza.
Contrastare la manipolazione informativa che colpisce le persone trans è dunque una forma di prevenzione dell’odio. Significa proteggere una minoranza vulnerabile da narrazioni tossiche che hanno effetti concreti sulle loro vite.
Che cosa può fare chi comunica?
Per chi lavora nella comunicazione, nelle istituzioni, nella scuola o nel terzo settore, ci sono pratiche essenziali:
- verificare le fonti quando si parla di identità di genere. La maggior parte dei messaggi transfobici nasce da disinformazione.
- Usare un linguaggio ampio: non presupporre che esistano solo due generi, non dare per scontato che tutte le esperienze siano uguali, non ridurre l’identità a categorie strette.
- Rendere visibili le persone trans come parte integrante della società, non come eccezione o marginalità.
- Scegliere narrazioni che mostrino vite reali, non stereotipi o figure caricaturali.
- Affidarsi alle linee guida della Rete sui linguaggi rispettosi e combattersi stereotipi attraverso contronarrazioni efficaci.
Perché il TDoR riguarda tutte le persone
Il TDoR ci chiede di ricordare chi non c’è più, ma soprattutto ci chiede di interrogarci su come prevenire nuove violenze. La memoria non è un esercizio commemorativo: è un impegno per cambiare le condizioni che producono vulnerabilità.
Le persone trans meritano sicurezza, pieno riconoscimento legale, accesso ai diritti e narrazioni che sappiano rappresentarle nella loro complessità. Il mese della visibilità non è solo un tempo in cui raccontare le vite trans, ma un’occasione per riflettere sulla nostra responsabilità collettiva: scegliere parole che non feriscono, sostenere pratiche che proteggono, costruire politiche che includono davvero.
Proteggere la vita delle persone trans significa partire dalle parole, dai gesti, dalle leggi e dai racconti. Il TDoR è un invito a farlo ogni giorno dell’anno.