L’opinione. Per i diritti umani, di tutte le persone

da | Nov 23, 2023 | News

Monitora

 

Un breve articolo per aprire un confronto su diritti umani e contrasto ai discorsi d’odio in un contesto di grande complessità, e di estrema polarizzazione del dibattito.

 

Sono trascorse sei settimane da quel tragico 7 ottobre: dalle efferate violenze perpetrate da Hamas che hanno causato la morte di oltre 1.200 persone (la maggior parte delle quali civili) e portato al rapimento di 241 ostaggi. Violenze a cui hanno fatto seguito i massicci bombardamenti e le azioni militari condotte dall’esercito di Israele nella Striscia di Gaza, che finora hanno causato la morte di oltre 13.000 persone (in grandissima parte civili) e di migliaia di feriti.

Nessuno di noi è rimasto indifferente di fronte al massacro di civili israeliani, inermi. Ed è atroce, oggi, assistere al ritorno dell’antisemitismo, in Daghestan come a Parigi. Le aggressioni verso ebrei, e l’ondata di violenza antisemita che ha investito l’Europa, la Russia e gli Stati Uniti, sono strettamente collegati all’attacco terroristico del 7 ottobre e al successivo intervento israeliano nella Striscia di Gaza. Così come ne sono una conseguenza i picchi di hate speech antisemita delle scorse settimane registrati online (cinquanta volte in più rispetto alle rilevazioni precedenti) dall’Institute for Strategic Dialogue del King’s College di Londra (Rise in antisemitism on both mainstream and fringe social media platforms following Hamas’ terrorist attack – ISD (isdglobal.org), e le farneticanti invocazioni di molti – non solo a mezzo social – alla distruzione di Israele.

Parallelamente, gli atti terroristici di Hamas e la durissima risposta militare di Israele  hanno causato anche un aumento dell’islamofobia (Charities report rise in antisemitism and Islamophobia at schools in England | Schools | The Guardian). Dall’omicidio di un bambino palestinese-americano di 6 anni accoltellato negli Stati Uniti “in reazione alla guerra tra Israele e Hamas” agli atti di vandalismo e alle violenze fisiche in Francia, dal vertiginoso incremento dei reati d’odio contro le comunità musulmane nei paesi occidentali ai discorsi che invocano la ‘pulizia’ della Striscia di Gaza non solo da Hamas ma anche dai palestinesi, visti tutti come terroristi o sostenitori del terrorismo (e quindi tutti da punire, indistintamente) o come “animali umani”, la denuncia delle associazioni della società civile è chiara: l’islamofobia sta esplodendo un po’ ovunque, accompagnata dal silenzio di gran parte dell’informazione.

Come dopo l’11 settembre 2001, sembra di essere tornati alla retorica dello “scontro tra civiltà”, funzionale tanto a una lettura semplificata delle vicende attuali e delle loro ragioni storiche, quanto alla costruzione di schieramenti opposti e avversari nell’opinione pubblica mondiale, e all’estrema polarizzazione del dibattito. Una polarizzazione sorda testimoniata anche dall’abuso sia dell’accusa di antisemitismo rivolta a chiunque osi mettere in discussione le scelte politiche e militari di Israele (come hanno messo in luce decine di intellettuali e scrittori ebrei nella loro lettera aperta: A Dangerous Conflation | Online Only | n+1 (nplusonemag.com), sia dell’accusa di razzismo, disumanità, colonialismo verso chi chiede sicurezza per lo Stato di Israele.

Con la quasi totale assenza di voci giornalistiche indipendenti nella Striscia di Gaza (anche a causa dell’uccisione di 40 giornalisti solo nelle ultime sei settimane: fonte www.cpj.org), con il giornalismo embedded di gran parte dei media, e con le troppe letture semplificate o rigidamente ideologiche, stiamo assistendo a una pericolosa deriva sia dell’informazione, sia della libertà d’espressione: una deriva che marginalizza le voci critiche, ricorre con estrema leggerezza alla “reductio ad Hitlerum” di entrambe le parti, e dipinge le manifestazioni che chiedono il cessate il fuoco, sempre più numerose e sempre più composite, come manipoli di tifoserie rancorose e manipolabili. Una deriva, soprattutto, che spinge a pensare solo in termini di torti e ragioni, e non di vite umane, e del loro diritto ad esistere oltre gli schieramenti.

In un momento così difficile, complicato e teso, in cui la popolazione della Striscia di Gaza sta vivendo una crisi umanitaria senza precedenti, in cui la maggioranza degli ostaggi israeliani è ancora in mano ad Hamas, e in cui – in Italia, ma non solo – la polarizzazione spacca in due l’opinione pubblica e sembra rendere del tutto inconciliabili le diverse posizioni, è fondamentale impegnarsi per sostenere la dignità, la salute ed i diritti umani di tutte le parti coinvolte, chiedere la liberazione degli ostaggi e un immediate cessate il fuoco, e proteggere i gruppi presi di mira dai discorsi d’odio difendendo la libertà d’espressione, condannando sia l’antisemitismo sia l’islamofobia, e ripudiando tanto il terrorismo quanto i crimini di guerra (fonte: Schiaccianti prove di crimini di guerra a Gaza – Amnesty International Italia).

Una società che vuole dirsi democratica deve garantire il diritto a un confronto aperto e civile, che aiuti a dibattere e a essere informati circa le complesse vicende in corso alla luce del loro contesto storico e politico, garantendo spazi liberi da censure e refrattario all’incitamento all’odio. E ponendo al centro la salvaguardia della vita umana: quella dei civili israeliani e quella dei civili palestinesi.

È, questa, una strada molto stretta, oggi. Ma è anche l’unica strada che ci sembra percorribile.

 

Federico Faloppa

Monica Gazzola

Pierluigi Musarò