Buon compleanno, Rete!

da | Lug 15, 2022 | News

 

L’abbiamo presentata ufficialmente due anni fa, proprio in questi giorni di luglio, la nostra Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio. L’abbiamo presentata ‘da remoto’, con tutti i limiti di un lancio stampa su Zoom. Ma eravamo felici di essere riusciti a dare forma, e immagine, e ufficialità a un progetto che – grazie all’impulso di Amnesty International, e all’intuito del suo compianto direttore Gianni Rufini – aveva preso avvio un paio di anni prima, mettendo intorno allo stesso tavolo alcune delle realtà che, in Italia, si occupavano di contrasto a discorsi e crimini d’odio.

Pensavamo fosse già un bel risultato essere arrivati fino a lì, aver sottoscritto un protocollo d’intesa che individuava pochi ma caratterizzanti obiettivi – tra cui quello di mettere a fattore comune domande, conoscenze, metodi, pratiche –, proporci come soggetto plurale della società civile, parlarci e confrontarci finalmente con regolarità, grazie a un’agenda condivisa.

Non sapevamo però che nel giro di pochi mesi ci saremmo dotati di un Coordinamento tanto unito e affiatato, che avremmo potuto contare su Assemblea non vissuta come una formalità, ma con partecipazione e slancio da tutti i soggetti aderenti. Che ci saremmo consolidati come una realtà vista – non solo in Italia – come un punto di riferimento, e un interlocutore privilegiato, per chi studia e contrasta a tanti livelli i discorsi e i fenomeni d’odio.

Intendiamoci. Fare bilanci non è mai facile. E forse non spetta neppure a noi. Ma molto abbiamo costruito: possiamo dircelo con un po’ d’orgoglio.

Partiamo da alcuni fatti

Oggi la Rete conta una quarantina di adesioni, tra centri di ricerca e università, organizzazioni non profit e non governative, associazioni professionali, osservatori, fondazioni del terzo settore, movimenti di attivist*. E altre adesioni arriveranno presto, per renderci ancora più rappresentativi, per dar voce a maggiori bisogni e nuove istanze, per evitare di “parlare al posto di”. Perché occuparsi di discorsi e crimini d’odio vuol dire, innanzitutto, questo: confrontarsi con un fenomeno sociale complesso, dai tanti risvolti, dai molti attori e dai molti target: ognuno con le proprie competenze e sensibilità.

Proprio per leggere sempre meglio questo fenomeno, la Rete cerca di raccogliere, analizzare, condividere dati. È coinvolta infatti – sia come soggetti singoli, sia collettivamente – in periodiche attività di monitoraggio strutturato. Si pensi al Barometro dell’odio di Amnesty, alle Mappe dell’Intolleranza di Vox Diritti, ma anche ai report di Carta di Roma, alle ricerche di Lunaria, COSPE, Fondazione Bruno Kessler, Action Aid, Fondazione Pangea, Giulia giornaliste, ecc. – che, anche grazie alle sinergie di Rete, presentano letture sempre più ricche e articolate. Li vedete convogliare, questi dati e queste letture, nel nostro sito internet, per dare un’idea di quante informazioni non solo abbiamo, ma abbiamo bisogno.

A proposito del sito. Abbiamo voluto costruire un luogo virtuale che ci rappresentasse tutt*, vario ma coerente nei contenuti, e soprattutto capace di tenere insieme tanto le anime quanto gli obiettivi del nostro collettivo. Non è un caso che questo sito venga visto con interesse anche fuori d’Italia, e venga preso a modello come hub capace di esprimere una pluralità di intenti e di idee: perché malgrado la grande attenzione ai temi di cui ci occupiamo, coalizioni multi-stakeholders come la nostra, con un’immagine riconoscibile, una visione di insieme, un’attività multilivello, sono ancora una rarità nel panorama continentale.

Raro è, per esempio, lo spirito e il lavoro del nostro gruppo di advocacy. E anche questo è un fatto. Perché grazie alla collaborazione tra giurist*, attivist*, campaign e advocacy officer, studios*, siamo riusciti non solo a trovare una voce unica nel presentarci alle istituzioni e nel sostenere le nostre proposte (legislative, di policy), ma anche a coniugare conoscenza tecnica dei contenuti con un linguaggio accessibile, scevro da eccessivi formalismi. In particolare, abbiamo voluto sostenere la proposta di legge contro l’omo-transfobia, il sessismo e l’abilismo (nota come “ddl Zan”), abbiamo fatto appello alle istituzioni affinché venga istituita, anche in Italia, una Commissione sui diritti umani, e siamo convint* che il contrasto a hate speech e discriminazioni non possa prescindere da una riforma giusta e necessaria della cittadinanza. Last but not least, siamo stati invitat* alle audizioni parlamentari sul ddl Zan e per l’indagine esplorativa della Commissione Segre, ponendo questioni di merito e di metodo.

È un dialogo, quello con le istituzioni, fondamentale per un soggetto che si definisce “nazionale”, come il nostro. Ma il dialogo proviamo a costruirlo con tutt*, con iniziative tra loro complementari. Ricordiamo, per esempio, il nostro ciclo di webinar “Dialoghi in Rete”, che – nel 2021, durante i mesi più problematici della pandemia – ha offerto a un pubblico eterogeneo occasioni di incontro e di confronto su temi come l’antisemitismo online, l’Internet governance, l’omofobia, la transfobia e l’abilismo, l’intersezionalità, l’odio transnazionale dell’estrema destra. E penso anche alle nostre campagne, prima fra tutte quella per una comunicazione pubblica libera da hate speech, che ci ha messo in contatto con molt* candidate e candidati alle elezioni amministrative di settembre 2021 e di giugno 2022, e che speriamo sia solo l’inizio di un più capillare lavoro di rete sul territorio. Alle iniziative collegiali vanno aggiunte, ovviamente, anche le decine di eventi e interventi di disseminazione, informazione e formazione – nei luoghi più diversi – organizzati dai vari soggetti di Rete, a cui spesso la Rete ha o formalmente aderito o parzialmente contribuito. E che ci hanno permesso di avvicinarci a, e di conoscere, tante persone e tante realtà online e offline.

Certo, come tutte le Reti dalla struttura leggera e dalle risorse limitate, anche la nostra sconta tempi di reazione non immediati, un impegno che si basa prevalentemente sul volontariato, e alcune discontinuità nel dar seguito a progetti e interventi. Però – e anche questo è un fatto – il nostro modello collaborativo e non antagonistico viene visto come una best practice dal Consiglio d’Europa – con cui abbiamo collaborato per la stesura e la divulgazione delle nuove Raccomandazioni agli stati membri per il contrasto all’hate speech, e oggi anche dalla Commissione Europea che – all’interno di un processo di revisione e implementazione del Codice di Condotta del 2016 rivolto alle piattaforme internet – sta valutando la possibilità di facilitare la creazione di un hub europeo, una sorta di federazione delle organizzazioni della società civile europea riconosciute come “trusted flaggers”, anche sulla scorta del modello della nostra Rete. Un modello di “cooperazione e non competizione”, che è un po’ la base di tutto il nostro progetto e che, due anni fa, non potevamo dare certo per scontato.

Due anni, appunto. Due anni difficili

Non solo perché – con la pandemia – abbiamo dovuto lavorare quasi sempre da remoto (e per le reti di persone è fondamentale, invece, vedersi, conoscersi e riconoscersi), ma anche perché il discorso d’odio è molto mutato, durante la pandemia, come ci dicono molti monitoraggi. Si è radicalizzato, è diventato più creativo, si è fatto più transnazionale: colpendo più target, evitando le maglie strette della moderazione e della rimozione online, invadendo discorso pubblico e politico. Offrendo una sponda – pericolosamente funzionale – alla rabbia e alla frammentazione sociale. È cresciuto, il discorso d’odio: tanto quantitativamente quanto ‘qualitativamente’. E questo ci ha messi in difficoltà, spesso, nel pensare e proporre risposte efficaci. Ma siamo cresciuti anche noi: è migliorata la nostra capacità di leggere il fenomeno, di sperimentare iniziative interdisciplinari, a partire dal territorio, di dialogare con una grande pluralità di interlocutori (dalle istituzioni alle associazioni professionali, dai media tradizionali alle piattaforme online, dalle forze di polizia alle associazioni che si occupano delle ‘vittime’, ecc.), di fare rete fuori dall’Italia.

Certo, molto di più, e meglio, avremmo potuto fare e possiamo fare. La nostra campagna per una comunicazione pubblica hate free – che, grazie al Consiglio d’Europa, è diventata spunto per una campagna della società civile in Moldavia – avrebbe potuto e dovuto essere comunicata meglio, vista e sottoscritta di più. Ed è stata una sconfitta vera, anche per noi, l’affossamento del ddl Zan in Senato, nel novembre del 2021: come avremmo potuto evitarla? E quanto ancora ci resta da fare nel campo del contrasto all’islamofobia, all’antisemitismo, all’antiziganismo! Quanto ancora è necessario che la nostra Rete si apra, si confronti, impari a lavorare insieme a chi, in prima persona, è vittima di discorsi e crimini d’odio! Senza contare che la partita si gioca tanto sui diritti civili quanto su quelli sociali, che non c’è contrasto ai fenomeni d’odio che tenga se non si sciolgono i nodi della cittadinanza, delle diseguaglianze economiche, della marginalizzazione sociale, non solo giovanile.

Ma viviamo, anche, un momento di grande fermento e consapevolezza. Per la prima volta, l’azione congiunta di tre importanti documenti europei – il Codice di Condotta, le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa, il Digital Services Act – forse (la cautela è d’obbligo) – spingerà le piattaforme e i social media a incrementare moderazione e rimozione di contenuti d’odio, e forse renderà le nostre vite onlife un po’ meno pervase da hate speech e violenza verbale. In Italia, il progetto REASON coordinato dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) sta facilitando la costruzione di una ‘cabina di regia’ nazionale per coordinare interventi e per condividere buone pratiche. E il lavoro iniziato per le ‘vittime’, con le ‘vittime’ – pensiamo tra gli altri al progetto Stand up di COSPE e Amnesty, o allo sportello antirazzista di Lunaria – fa ben sperare per aumentare la consapevolezza dei rischi sociali dei discorsi e dei crimini d’odio e per dare concretezza ad azioni non solo di supporto non solo nei confronti di persone o gruppi ‘target, ma anche di comprensione delle dinamiche in cui sono coinvolt* gli/le heater.

Quanto a iniziative specifiche di Rete

Già dopo l’estate ripartiremo con tre appuntamenti importanti per dialogare con Università, aziende, amministrazioni locali, e proporre loro delle linee guida e dei tavoli di lavoro comuni. Rilanceremo – in vista delle prossime elezioni politiche – la campagna per una comunicazione pubblica hate free, e riprenderemo i contatti con le amministratrici e gli amministratori locali che già hanno sottoscritto il vademecum nei mesi scorsi per verificare quale seguito è stato dato a quell’impegno, e per capire se possiamo dare una mano nel disegnare politiche territoriali efficaci. Continueremo, con forza, a sostenere le proposte di riforma della cittadinanza, che vediamo come una priorità sul piano dei diritti e della lotta alle discriminazioni. Aumenteremo le iniziative di informazione e formazione – come Rete, e come soggetti di Rete, individualmente – per essere interlocutori costanti, e sempre più credibili, di scuole, università, istituzioni, forze di polizia, ordini professionali, aziende. E, ovviamente, condivideremo e commenteremo dati, per fotografare il fenomeno nella sua evoluzione.

Abbiamo posto delle basi, che in questi due anni sono diventate sempre più solide. Ma molto, moltissimo c’è ancora da indagare, immaginare, fare. Tanti auguri alla Rete, quindi: se li merita, per il suo secondo compleanno. E ne ha un gran bisogno, per le prossime sfide.

 

Federico Faloppa
Coordinatore della Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio