di Mirella Marchese, membro del Coordinamento di Rete
Il mese scorso sono iniziate le scuole e ogni settembre, con il rientro a scuola, si firma il Patto di corresponsabilità educativa, un documento che definisce i principi e i comportamenti che scuola, famiglia e alunni condividono e si impegnano a rispettare, per costruire un ambiente educativo sereno, costruttivo e sicuro. Tra gli impegni che la scuola si assume con i Patti c’è quello di offrire una formazione aperta alla pluralità delle idee e al rispetto dell’identità di ciascuno, di promuovere l’accettazione dell’altro e sviluppare la solidarietà, di stimolare riflessioni, discussioni e attivare percorsi volti al benessere degli alunni e delle alunne, mentre agli studenti e alle studentesse si chiede di rendersi disponibili ad accettare ed aiutare gli altri, comprendendo le ragioni dei loro comportamenti.
È questo un momento in cui la comunità scolastica definisce e ribadisce, tra le altre cose, i principi di una convivenza nelle aule e oltre le aule, grazie al coinvolgimento delle famiglie. Inserire nel Patto obiettivi chiari su linguaggi inclusivi e prevenzione dell’odio significa rafforzare un impegno verso una strategia educativa che formi le competenze necessarie per affrontare le cause dell’incitamento all’odio e per sensibilizzare studenti e studentesse di tutte le età sulle sue forme e conseguenze offline e online. Ciò significa fornire strumenti per riconoscere e contrastare l’odio e anche gli stereotipi che dell’odio sono spesso anticamera, preparare a rispettare il valore della diversità e dei diritti di tutti e tutte e guidare a riconoscere la differenza tra incitamento all’odio e libertà di espressione.
La cronaca ci ha purtroppo appena ricordato quanto il tema sia urgente. Paolo Mendico, un ragazzo della provincia di Latina di 14 anni vittima di bullismo, si è tolto la vita l’11 settembre, alla vigilia del rientro in classe. La Procura indaga per istigazione al suicidio, la famiglia parla di anni di umiliazioni. Al di là dell’inchiesta, resta una domanda: come arginare le dinamiche di discriminazione per le nuove generazioni, come contrastare il bullismo, il cyberbullismo, il diffondersi degli stereotipi, dei pregiudizi e del linguaggio ostile normalizzato?
Il caso di Paolo non è certo un caso isolato e i dati fotografano la portata del fenomeno. Secondo le rilevazioni ISTAT per il 2023 e pubblicate nel giugno 2025, il 68.5% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni ha dichiarato di aver subìto un qualche episodio offensivo, aggressivo, diffamatorio o di esclusione sia online che offline, nei 12 mesi precedenti. Le statistiche evidenziano anche le categorie più vulnerabili, con il 26.8% ragazzi di origine straniera che subisce atti vessatori con cadenza più che mensile, contro il 20.4% dei coetanei italiani. I dati di una ricerca del Gay Center dicono poi che il 35% degli studenti LGBT+ dichiara di aver subito discriminazioni ed 1 su 4 episodi di bullismo anche fisico.
Questo proliferare dei discorsi d’odio e dei fenomeni correlati, come il bullismo, la discriminazione e il cyberbullismo, rappresenta oggi una delle sfide più significative per il sistema educativo italiano, ma non solo. L’ecosistema digitale ha senza dubbio amplificato la portata di queste problematiche, rendendole più pervasive e complesse da affrontare e in risposta a tale complessità le strategie di contrasto vanno poste come obiettivi per le comunità educanti, riconoscendole come uno strumento fondamentale per equipaggiare studenti e studentesse, ma anche insegnanti, educatrici, educatori con le competenze necessarie a decostruire le narrative d’odio e a promuovere una cittadinanza digitale e non che sia consapevole, responsabile e inclusiva.
C’è molto da fare, ma interventi strutturali che vanno nella direzione di una prevenzione sistemica devono essere visti non come un costo, ma come una forma di investimento per l’ottenimento di benefici a lungo termine che contribuiscano a creare una società più coesa e solidale e per ridurre significativamente l’incidenza di fenomeni di violenza, discriminazione e persino radicalizzazione.
Anche gli organismi internazionali riconoscono il ruolo centrale che gioca l’istruzione nel contrastare le narrazioni d’odio e l’insorgere della violenza mirata contro gruppi. L’UNESCO nella sua guida “Adressing hate speech through education: a guide for policy maker” fornisce raccomandazioni, e strumenti ai decisori pubblici perché implementino interventi nell’ecosistema educativo di ogni livello per contrastare “narrazioni discriminatorie e violente, sotto forma di xenofobia, razzismo, antisemitismo, odio anti-musulmano e altri tipi di intolleranza, sia online che offline”.
Il quadro europeo, intanto, rafforza la responsabilità delle piattaforme: il “Codice di condotta” per contrastare l’illecito incitamento all’odio online è stato integrato nel Digital Services Act, con impegni su trasparenza, collaborazione con monitor esterni e tempi di revisione delle segnalazioni. È un contesto normativo che rende più coerente ciò che si chiede e si insegna alle nuove generazioni: responsabilità delle parole e tutela della dignità, rispetto della diversità.
Dentro le scuole, ci sono già strumenti operativi e alcuni di questi vedono o hanno visto il coinvolgimento attivo di soggetti appartenenti alla nostra Rete. Penso ai progetti implementati negli anni scorsi quali Effetto Farfalla, promosso da un ampio partenariato che si occupa di contrasto alle discriminazioni e che ha visto coinvolti soggetti di Rete come Cospe, Lunaria, Amnesty International, Carta di Roma, Emergency e Gay Center, oppure come Silence Hate. Changing words changes the world coordinato da Cospe e che ha coinvolto altre sette organizzazioni in sei paesi europei con l’obiettivo di prevenire e contrastare il discorso d’odio contro migranti e rifugiati, promuovendo percorsi didattici sul contrasto all’hate speech nelle scuole e in contesti informali. Per l’anno scolastico che è appena iniziato segnalo, tra gli altri, Amnesty Kids 2025-2026 di Amnesty International Italia, dedicato al rispetto dei diritti umani nelle relazioni interpersonali e rivolto a insegnanti, alunne e alunni del secondo ciclo della scuola primaria e della scuola secondaria di I grado.
Molti altri progetti esistenti in Italia e in Europa offrono validi modelli e molti sono i materiali disponibili. Le risorse educativa sul contrasto ai discorsi d’odio sono numerose, molte delle quali reperibili in formato digitale, pensate su misura per età e ordini di scuola. Dai percorsi per la primaria, ai laboratori per le superiori, l’offerta è ampia e modulabile, così da adattare linguaggi, attività e strumenti al livello di maturità dei destinatari. Il Consiglio d’Europa, per esempio, ha messo a disposizione We CAN!, manuale operativo che guida alla creazione di contro-narrazioni pensato per un uso modulare in classe o in contesti non formali e la piattaforma dell’Unione Europea Better Internet for Kids fornisce risorse, guide e opportunità di apprendimento per bambini, genitori e insegnanti per navigare nel mondo online in modo sicuro e responsabile.
In conclusione, la battaglia contro i discorsi d’odio si vince anche partire dalle aule, ma è una sfida che richiede l’impegno collettivo di scuole, famiglie, istituzioni e organizzazioni della società civile. Le azioni concrete, come i percorsi di educazione all’empatia, al pensiero critico e alla cittadinanza digitale, sono fondamentali per sensibilizzare le giovani generazioni sulla necessità di un linguaggio rispettoso e inclusivo, che possa prevenire la violenza, la discriminazione e l’esclusione.
Ma la vera sfida risiede nella creazione di una cultura educativa che non solo reagisca agli episodi di odio, ma che, fin dalla base, insegni i valori della solidarietà, della comprensione reciproca e del rispetto per la diversità. Investire nella formazione delle competenze necessarie per decostruire i pregiudizi e gli stereotipi, nonché per promuovere un utilizzo consapevole della comunicazione online, rappresenta una priorità. Solo con un impegno continuo e integrato, accompagnato da politiche educative mirate, potremo sperare di costruire una società più equa e inclusiva, capace di contrastare il linguaggio d’odio, le narrazioni discriminatorie e di tutelare i diritti di ogni individuo, tanto dentro quanto fuori le aule.