Fattore determinante nell’analisi di quest’anno, che ha riguardato il periodo marzo – settembre 2020, è stato lo scatenarsi della pandemia da Covid-19: ansie, paure, difficoltà si sono affastellate nel vissuto quotidiano delle persone, contribuendo a creare un tessuto endemico di tensione e polarizzazione dei conflitti e determinando scenari differenti rispetto agli anni passati.
Nonostante questo scenario, lo hate speech è diminuito in modo notevole rispetto al 2019. La diminuzione indica uno scenario diverso e una mutazione in corso: la rilevazione dei picchi di odio indica una recrudescenza importante e un accanimento che parrebbero evidenziare un uso quasi più “professionale”, dove gruppi di hater concentrano la produzione e la diffusione di hate speech. Si odia in sintesi in modo diverso, più radicato e radicale, anche se quantitativamente il fenomeno è diminuito. Si odiano le categorie sociali più esposte ai cambiamenti e agli adattamenti necessari per superare l’attuale crisi pandemica: le donne e i migranti. Si odiano ancora in modo stabile gli ebrei, perché storicamente in ogni periodo di crisi, oggetto di intolleranza. Un panorama che preoccupa in quanto l’odio radicato è il fattore di attivazione di forme diverse e più organizzate di estremismo.