Quando l’odio colpisce le persone con disabilità

da | Mag 21, 2025 | Confronti e testimonianze

resistenza

di Valentina Gemignani

La Mappa dell’Intolleranza 8 di VoxDiritti ha portato con sè alcune novità importanti.

L’integrazione dell’analisi con il LLM ad opera dell’Università degli Studi di Milano ha dato ulteriore profondità alle indagini sull’hate speech online, andando a identificare con più precisione la natura dei discorsi d’odio per le sei categorie considerate.

Questo approccio ha consentito di aggiungere una voce importante al report: gli stereotipi.

Spesso si sottovaluta l’impatto che uno stereotipo negativo, alimentato dal discorso d’odio, ha sui suoi bersagli, soprattutto nel momento in cui diventa esso stesso un insulto vero e proprio.

Prendendo a esempio le word cloud riportate nella Mappa 2025, si nota come all’interno della categoria “Abilismo” le parole più utilizzate siano “Ritardato di merda”, “Handicappati mentali”, “Bisogna essere cerebrolesi” e simili.
Tali frasi stereotipate non sono utilizzate nella stretta accezione letterale dei termini, bensì come veri e propri insulti rivolti anche a persone che non hanno disabilità fisiche o neurologiche. Si tratta di uno spostamento semantico che utilizza lemmi afferenti ad alcune disabilità come fossero offese, generando una distorsione lessicale importante che può sfociare in atti di bullismo.
Una tendenza, questa, che si riscontra tristemente anche nella vita di tutti i giorni: capita, infatti, di sentire colleghi, familiari o amici definire alcuni conoscenti come “ritardati”, “mongoloidi” o “handicappati” per commentare negativamente alcuni avvenimenti.

Frasi colme di odio abilista si intensificano particolarmente, poi, nei confronti di chi ha delle disabilità reali e vengono rafforzate da hate speech puro e senza filtri.
Osservando, infatti, la frequenza dello stereotipo e dell’hate speech sui tweet abilisti, si nota subito come il discorso d’odio puro sia presente nel 70,52% dei post, cui si aggiunge un 9,34% di contenuti pregni di hate speech unito agli stereotipi.

Un odio puro e viscerale nei confronti di una categoria già fragile di per sè, che viene bersagliata per il semplice fatto di esistere, senza motivazioni specifiche e scatenanti.

Alla luce di evidenze come questa, la Mappa dell’Intolleranza è uno strumento importante per creare una reale percezione dell’odio che circola sui social, che troppo spesso diventano casse di risonanza amplificatrici di frasi e pensieri che nella vita reale si avrebbe vergogna a divulgare.

Credo sia importante, dunque, che la Rete contro l’odio rinnovi l’invito a soppesare i termini usati nella vita di tutti i giorni, perchè parole usate con leggerezza, anche in contesti informali, possono celare discriminazioni e pregiudizi che pesano più di macigni.